Interview with Simone Becchio, gallery owner at TEMPESTA gallery By Deborah Maggiolo
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Nel 2021, a un anno dalla creazione della piattaforma Milano Art Platform, inaugura la rubrica “Interviste”: curata da Deborah Maggiolo, vuole dar vita a momenti di incontro per amplificare le voci del tessuto culturale milanese. L’intento è quello di produrre degli approfondimenti per raccontare le personalità che animano le fondazioni, le gallerie e i project space della città, restituendo un volto umano alle progettualità creative di Milano.
La prima intervista è stata realizzata in dialogo con il gallerista Simone Becchio, che, nonostante il periodo di crisi pandemica mondiale, ha deciso di inaugurare la galleria TEMPESTA, segno di resilienza del sistema. Volta a generare un fertile interscambio fra personalità artistiche contemporanee e delle generazioni precedenti, la galleria punta a sensibilizzare il pubblico su alcune urgenze centrali dell’attualità, fra cui questioni ecologiche di ordine globale.
Qual è il suo background e come e quando è nata l’idea di aprire la vostra sede proprio a Milano?
Ho vissuto gli anni della formazione studiando pittura all’accademia di Torino e proprio nello stesso periodo mi sono ritrovato a collezionare i primi disegni – in particolare, appartenenti alla produzione degli anni ‘60 dell’artista Carol Rama. Successivamente, più che continuare a sviluppare la mia ricerca artistica ho iniziato a rivolgermi al mercato dell’arte, probabilmente per seguire una nuova vocazione che era nata in me nel corso del tempo.
I miei genitori sono sempre stati a modo loro dei collezionisti d’arte e ho dunque avuto la fortuna di potermi nutrire fin da piccolo delle opere che abitavano il mio quotidiano, arrivando a concepire l’arte non come qualcosa di accessorio ma come una vera e propria necessità esistenziale. Considero l’arte come il mezzo più efficace per scoprire l’orientamento delle nostre necessità collettive: é lo specchio della società che ci circonda, in essa possiamo cogliere il riflesso di noi stessi.
In passato ho sempre trattato una tipologia di arte più storicizzata, di ambito antico e moderno, più che contemporaneo. Ma qualche anno fa, in vista di aprire una galleria ho voluto estendere il mio focus anche al contemporaneo. Il mio intento era infatti quello di fondare una galleria che fosse sintonizzata sulla nostra attualità e che promuovesse la ricerca. La scelta del luogo in cui aprire TEMPESTA è ricaduta sulla città di Milano in quanto cuore pulsante d’Italia e motore dell’arte contemporanea odierna. Basti pensare al numero di gallerie di qualità con sede in città per rendersene conto. A Milano si fa tanta ricerca, è il posto dove tutto accade ed è animata da un movimento internazionale tale da consentire di realizzare mostre maggiormente strutturate, con artisti di respiro globale.
Qual è il focus di TEMPESTA e in che modo riflette il suo gusto e i suoi personali interessi nel campo dell’arte?
Attraverso la sua programmazione espositiva, TEMPESTA punta ad analizzare quelle tematiche dell’attualità che riguardano da vicino soprattutto le nuove generazioni: problematiche che caratterizzano il mondo di oggi e che influenzeranno il corso degli anni a venire (l’aumento demografico, il cambiamento climatico, l’inquinamento ambientale…).
Tramite questa tipologia di mostre, senza imporre alcuna serrata declinazione ideologica, vorrei sensibilizzare il pubblico riguardo a questioni che sono la cifra della nostra contemporaneità, attraverso opere che parlino da sé grazie a un’estetica sì accattivante ma capace, al tempo stesso, di stimolare una riflessione, lasciando emergere il discorso in sottofondo.
Uno dei focus della galleria è il tentativo di innestare connessioni fra la mia passione per l’arte moderna e del secondo dopoguerra italiano – fra cui l’ Arte Povera in primis – e il mio interesse per l’arte più attuale, della nostra generazione di giovani. Lo scopo é quello di ripercorrere la storia dell’arte alla luce delle sensibilità del presente, rapportando nuove proposte estetiche ad altre già storicizzate in modo che entrambe le parti possano trarne rinnovato vigore. Questo proprio perché mi importa sì del mercato dell’arte ma mi sta molto a cuore anche la ricerca. Poi in generale mi piacciono molto questi giochi di contrasto e io in primis ho in casa questo tipo di arredamento, in bilico fra iper antico e super moderno.
Come e perché sceglie di rappresentare un* nuov* artista?
Sicuramente se una galleria inizia a scrivere a un artista è perché c’é dell’interesse e questo nasce sempre a priori, grazie a un percorso di ricerca che porto avanti io stesso. L’artista che scelgo di rappresentare deve rispecchiare la linea estetica portata avanti dalla galleria, che definirei come un’estetica “cruda”, spesso incentrata sullo studio di materiali naturali. In secondo luogo, deve mostrare una certa sensibilità nei confronti delle tematiche dell’attualità sociale. Questo anche per conferire un’identità specifica alla galleria. Fondamentale è poi per me il dialogo che si viene a instaurare con gli artisti: ci parlo un sacco prima di organizzare qualsiasi cosa ma, soprattutto, prima ancora di entrarci in contatto mi piace mettere a fuoco una panoramica della loro ricerca e produzione fino al momento presente.
In che misura è coinvolt* nella curatela, scouting e promozione di talenti? Quanto fa riferimento sulla curatela esterna?
Per il momento mi sono occupato in prima persona della curatela, ma mi farebbe piacere, in futuro, poter aprire un dialogo con alcuni curatori che stimo; non mi precludo assolutamente alcuna possibilità di collaborazione. Tuttavia, considero l’apporto di un curatore esterno più utile nell’ambito dell’organizzazione di esposizioni collettive, piuttosto che di una mostra personale o bi-personale. In tal caso, sarei apertissimo ad accogliere suggerimenti e ad annettere artisti che non avevo magari inizialmente preso in considerazione.
In che modo vi rapportate al mercato dell’arte?
TEMPESTA si rapporta al mercato dell’arte secondo una modalità dualistica, occupandosi sia del mercato primario che di quello secondario; questo proprio in virtù dei dialoghi che andiamo a strutturare all’interno delle nostre esposizioni, mettendo in comunicazione artisti delle generazioni precedenti con altri più contemporanei.
Per quanto riguarda poi le fiere, ad attirare maggiormente il mio interesse sono quelle di carattere un po’ più istituzionale, come, in Italia, MiArt e Artissima e in giro per il mondo un’altra decina. Mi premerà partecipare più di tutte a quella di Art Basel .
In che modo vi rapportate alla città di Milano? Nel tempo, sono nate collaborazioni con altre realtà cittadine?
Per quanto riguarda il rapporto di TEMPESTA con il tessuto cittadino, sono già state attivate alcune collaborazioni con istituzioni milanesi, ma verranno svelate poi in seguito. Per quanto mi riguarda, adoro creare sinergie, non sono assolutamente avido ma, anzi, sono contento di poter dar vita a progetti validi in collaborazione con altre realtà.
Cosa è cambiato nel vostro operato nell’ultimo anno, in reazione alla crisi pandemica globale?
La galleria ha deciso di inaugurare le sue attività proprio in questo periodo particolare, nel pieno di una pandemia globale, perché non attendeva altro che partire. Tutto era pronto da tempo, gli artisti stavano aspettando e avevamo già rimandato di mesi l’apertura.. Per questo motivo, appena abbiamo avuto uno spiraglio di tranquillità, a Settembre, ho voluto comunque iniziare, con l’idea di affrontare poi la situazione in progress .
Penso che nel presente momento storico ci sia molto lavoro da fare anche per quanto riguarda la dimensione dell’online. Vista la particolare condizione che stiamo vivendo, il ruolo del digitale è di certo fondamentale per oltrepassare una fase di stallo. Basta puntare su esposizioni che possano funzionare anche in questa modalità, nonostante riconosca che la fruizione artistica online – per esempio, di opere come sculture o dipinti molto materici – non potrà mai restituire a pieno l’esperienza dal vivo. Tuttavia, se le idee alla base di un progetto sono buone, lo spazio contenitore consente di realizzare un certo tipo di lavori, di pensare a un certo tipo di mostre, perché non andare avanti?
Il prossimo sarà un progetto di edizioni online ma che rimarrà allestito, per due settimane, anche negli spazi fisici di TEMPESTA. Opere di Michelangelo Pistoletto, degli anni ‘60 e ‘70, dialogheranno con edizioni di design contemporaneo realizzate dallo studio milanese NM3 , sotto il comune denominatore del materiale di realizzazione: l’acciaio lucidato. L’idea é quella di creare una sorta di dimensione “abitabile” anche online, contestualizzando le opere in un ambiente ad hoc qualora risultasse impossibile recarsi presso la galleria.
English text
In 2021, one year after its creation, Milano Art Platform inaugurates its “Interviews” section: curated by Deborah Maggiolo, it aims to foster moments of encounter to amplify the voices of the Milanese cultural fabric. The intent is to produce insights to tell about the personalities who animate the foundations, galleries and project spaces of the city, giving back a human face to the creative producers of Milan.
The first interview was carried out in dialogue with the gallery owner Simone Becchio, who, despite the period of global pandemic crisis, decided to inaugurate TEMPESTA gallery, a sign of the resilience of the system. Aimed at generating a fertile interchange between contemporary artistic personalities and those of previous generations, the gallery aims to raise awareness among the public on some central urgencies of today, including ecological issues of global reach.
What is your background and how and when did the idea of opening your location in Milan come about ?
I spent my formative years studying painting at the Academy of Fine Art in Turin and at the same time I found myself collecting the first drawings – in particular, belonging to the 1960s production of the artist Carol Rama. Subsequently, rather than continuing to develop my artistic research, I began to turn to the art market, probably to follow a new vocation that was born in me over time.
My parents have always been, in their own way, art collectors and I was therefore lucky enough to be able to feed on the works that inhabited my daily life from an early age, coming to conceive art not as something accessory but as a real existential need. I consider art as the most effective means of discovering the orientation of our collective needs: it is the mirror of the society that surrounds us, we can grasp the reflection of ourselves in it.
In the past I have always dealt with a more historicized type of art, of an ancient and modern context, rather than a contemporary one. But a few years ago, in view of opening a gallery, I wanted to extend my focus to the contemporary as well. My intent was, indeed, to found a gallery that was tuned to our current situation and that would promote research. The choice of the place where to open TEMPESTA fell on the city of Milan as the beating heart of Italy and the engine of contemporary art today. Just think of the number of quality galleries based in the city to realize this. In Milan there is a lot of research, it is the place where everything happens and it is animated by an international movement that makes it possible to create more structured exhibitions, with artists of global scope.
What is TEMPESTA’s main focus? How does it reflect your personal taste and interests in the field of art?
Through its exhibition program, TEMPESTA aims to analyze those current issues that closely affect the new generations: problems that characterize today’s world and that will influence the course of the years to come (i.e. population growth, climate change, environmental pollution…). Through this type of exhibitions, without imposing any strict ideological declination, I would like to sensitize the public to issues that are the hallmark of our contemporaneity, through works that speak for themselves thanks to an aesthetic that is yes captivating but capable, at the same time, of stimulating a reflection, letting emerge the discourse in the background.
One of the focal points of the gallery is the attempt to link my passion for modern and Post-World War II Italian art – including Arte Povera in primis – and my interest in the most current art, of our generation of young people. The aim is to retrace the history of art in the light of the sensitivities of the present, relating new aesthetic proposals to others that have already been historicized, so that both sides can draw renewed vigor. This is precisely because I care about the art market, but research is also very close to my heart. Then, in general, I really like this play of contrasts and I, first of all, have this type of furniture at home, at the edge between hyper antique and super modern.
How and why do you choose to represent a new artist?
Surely, if a gallery decides to contact an artist it is because there is interest and this always arises prior to everything else – in my case, thanks to a research path that I carry out myself. The artists I choose to represent must, first of all, reflect the aesthetic line carried out by the gallery, which I would define as a “raw” aesthetic often centered on the study of natural materials. Secondly, they must reveal a certain sensitivity towards current social issues. This is also to give a specific identity to the gallery. Then, the dialogue that is established with the artists is fundamental for me: I talk to them a lot before organizing anything but, above all, even before getting in touch with them, I like to have an overview of their research and production up to the present moment.
To what degree are you involved as editor, curator, scout, and talent promoter? How much do you rely on external curators?
For the moment, I have dealt with the curatorship myself, but I would like, in the future, to be able to open a dialogue with some curators that I respect; I absolutely do not preclude any possibility of collaboration. However, I consider the contribution of an external curator to be more useful in the organization of collective exhibitions, rather than a solo or bi-personal exhibition. In this case, I would be very willing to accept suggestions and to annex artists that I may not have initially taken into consideration.
How do you relate to the art market?
TEMPESTA relates to the art market in a dualistic way, dealing with both the primary and secondary markets; this precisely by virtue of the dialogues that we tend to structure within our exhibitions, putting artists of previous generations in communication with more contemporary ones.
As for the fairs, those of a slightly more institutional nature, such as, in Italy, MiArt and Artissima and around the world another ten, are the ones which attract my interest the most. I wish to participate most of all in that of Art Basel.
How do you relate to the city of Milan? Over time, have collaborations been born with other city realities?
Regarding TEMPESTA’s relationship with the city fabric, some collaborations with Milanese institutions have already been activated, but will be disclosed later in time. As far as I’m concerned, I love creating synergies, I’m absolutely not greedy but, on the contrary, I’m happy to be able to create valid projects in collaboration with other realities.
What has changed in your management over the past year, in reaction to the global pandemic crisis?
The gallery decided to inaugurate its activities in this particular period, in the midst of a global pandemic, because it was waiting for nothing but to start. Everything was ready, the artists were waiting and we had already postponed the opening for months… For this reason, as soon as we had a glimmer of tranquility, in September, I wanted to begin, with the idea of facing the situation in progress.
I think that in the present historical moment there is a lot of work to be done also with regards to the online dimension. Given the particular condition we are experiencing, the role of the digital is certainly essential to overcome a stalemate. It is sufficient to focus on exhibitions that can also work in this way, although I recognize that online artistic experience – for example, of works such as very material paintings or sculptures – will never fully restore the live one. However, if the ideas behind a project are good, the container space allows one to create a certain type of work, to think about a certain type of exhibitions, why not go on?
Our next project will concern online editions but will remain set up, for two weeks, also in the physical spaces of TEMPESTA. Works by Michelangelo Pistoletto, from the 60s and 70s, will interact with contemporary design editions created by the Milanese studio NM3, under the common denominator of the construction material: polished steel. The idea is to create a sort of “habitable” dimension even online, contextualizing the works in an ad hoc environment, in case it will be impossible to reach the gallery.
TEMPESTA Gallery Foro Buonaparte 68 - Milano